Superfluo

E l’anima che non possiede più nemmeno l’ultima risorsa di finire in frantumi. Dal momento che questo stesso abbandono è ingannevole. La morte non si accontenta di così poco.

Antonin Artaud, L’Arte e la Morte

Superfluo

Il 20 marzo, giorno successivo all’inizio di in_festa, uno dei membri del collettivo di Superfluo ha compiuto trentatré anni. Gli anni di Cristo. Nella vetrina di co_atto è esposta una lapide fluo con il nome di superfluo inciso sopra. Quando Cristo entrò a Gerusalemme molti accorsero a stendere palme di benvenuto sul suo cammino. Altri stettero in disparte, rifiutando di riconoscere in quell’uomo a dorso di mulo qualcosa di più di un eretico o al massimo un predicatore di prediche errate. La lapide di superfluo sta in luogo di un’identità: quella di chiunque si riconosca nel sentimento di superfluità cui è condannato l’individuo contemporaneo. Una superfluità lancinante, soprattutto oggi, allorchè moltissime di queste identità cadono sempre più nell’anonimato, nella superfluità. Quella stessa superfluità dei teatri chiusi, dei ballerini fermi alla finestra a guardare fuori, degli artisti che ricevono l’ennesima mail di una mostra rimandata a data da destinarsi, dei musicisti che non vedono un palco da tempo immemore. Quando i conti tra ciò che era necessario e ciò che non lo era sono stati fatti, determinate categorie di persone non sono state invitate al tavolo delle contrattazioni. Superflue appunto, sempre più inesistenti.“Come se qualcosa cambiasse”.  Il tavolo delle contrattazioni ha terminato la discussione ritenendo che a fronte di questo mancato invito niente sarebbe cambiato.Una lapide, dunque, che può generare domande. Una fra tante: “Come mai volerci differenziare anche nella morte, anche da quella cosa che per antonomasia ci allivella in ultima istanza gli uni agli altri?”. Risposta: una lapide fluorescente. Super-fluo, super fluorescenza, super gioco e ironia, per allontanare queste paure così da poter riuscire a guardarle in faccia. Quasi come nelle pubblicità, dove tutto viene edulcorato dall’iconografia dell’entusiasmo e del desiderio.

Superfluo, installazione urbana

Un cartello conficcato sulla stessa terra su cui si trova la lapide, vestigia di una manifestazione di chi, per un motivo o per un altro, non si sentiva necessario; difatti assente. Nessuno imbraccia il cartello, nessuno lo alza al cielo echeggiando grida da rivoluzione. La terra, unica componente totalmente organica dell’intero set, finisce con un confine netto, evidentemente fittizio. Un cane, solo personaggio sulla scena: a lui è affidata la narrazione, come capitava nelle pubblicità per una nota carta igienica o per più di una compagnia telefonica. Da lui parte, infatti, un balloon rosso sul cui perimetro vi è lo slogan: “TUTTO INTORNO A TE” frase celebre, caduta in disuso, di una famosa reclame. Non è forse questa l’idea che i media propugnano ogni giorno alle persone? Che sia tutto costruito intorno a loro; che l’individuo sia circondato da ogni comfort e che vi sia, oggi, una risposta ad ogni bisogno, una soluzione ad ogni necessità, un prodotto per ogni desiderio? Seconda stella a destra e poi dritta fino al mattino: se cercate un mondo del genere forse potrete trovarlo in quella direzione. Qui nel frattempo il “tutto intorno a te” funziona solo se si è un consumatore, un cliente pronto ad aprire il portafogli e aderire alla filosofia dell’entusiasmo. Nel mentre attenzione a non finire tra le categorie superflue: non vi sono grandi garanzie di successo. Se invece siete tra coloro che accusano il colpo di un altro anno senza spettacoli dal vivo, senza musica dai palchi, senza musei aperti; se siete tra coloro che credono che nessuno si salvi da solo e che sia necessario, ora più che mai, praticare nuove azioni di resistenza culturale e staregie alternative di fruizione e ricerca, dentro al balloon c’è una frase per voi: “il superfluo è sempre più necessario”.Chissà se cambierà davvero qualcosa, nel frattempo godetevi la vetrina di Superfluo project per in_festa.