Francesco Conti

Nato a Genova nel 1994, 2021 conclusione degli studi Accademia di Brera, (MI). 2018/2019 lavora e studia a Vienna. 2021 project manager per AKRIDA, curatela Lola Posani, (MI). 2022 progetto La vittoria della sconfitta, con Mattia Basi, per AnonimaKunsthalle (VA). 2020/-, assistente per corso Progettazione per la pittura di Maria Cristina Galli, Accademia di Brera, (MI). Attualmente lavora a Milano.

ENG

Born in Genoa in 1994, 2021 completion of studies Brera Academy, (MI). 2018/2019 working and studying in Vienna. 2021 project manager for AKRIDA, curator Lola Posani, (MI). 2022 project La vittoria della sconfitta, with Mattia Basi, for AnonimaKunsthalle (VA). 2020/-, assistant for course Design for Painting by Maria Cristina Galli, Brera Academy, (MI). Currently working in Milan.

In vetrina:

La città in cui non si dorme abbastanza

La città in cui non si dorme abbastanza è un progetto site-specific sviluppato sulle due vetrine messe a disposizione da co_atto. Nasce dall’urgenza di raccontare e testimoniare l’atmosfera di oppressione vissuta da una persona che cerca di mantenersi e preservarsi nella città di Milano.
Cammina sui margini una persona che è costretta a compiere una decisione per provvedere ai suoi sostentamenti di base. Ragionare su cosa si possa permettere di acquistare per nutrirsi. Considerare limitata la possibilità di accedere a un momento di svago. Basare sul compromesso la scelta, spesso temporanea, del proprio spazio abitativo. Vivere la sensazione di colpa nell’abbandonarsi a un momento di leggerezza. Fare così della resilienza la propria condizione di vita, generando nella persona uno stato d’eccezione a tempo indeterminato.

Milano è una città che invita i suoi abitanti a passeggiare attraverso sentieri ripidi.

Nel lato destro della prima vetrina è installato un piccolo frigorifero.
Quattro cerniere sono avvitate lungo i due lati dello sportello di apertura (due a dx e due a sx), impedendone così l’apertura.
Sullo sportello frontale vi è attaccata una calamita raffigurante la città di Milano, che sorregge un foglio strappato e stropicciato contenente la scritta “è un lavoro orrendo e mi riprometto di non farlo mai più”. Nascosta sul lato inferiore del frigorifero, adiacente alla parete laterale che chiude la vetrina, è attaccata una calamita raffigurante lo sguardo minaccioso di un gufo.

La seconda vetrina, frontale alla prima, contiene una scritta a parete fatta a bomboletta nera, asciutta, sintetica e infantile, contenente la domanda: “Perché da qui se ne vanno tutti?”.

Ogni elemento è installato per un motivo specifico:Gli oggetti posizionati nella prima vetrina riguardano lo spazio intimo e quotidiano della persona: il frigorifero è l’elemento chiave che personifica il desiderio di bisogno di sostentamento. Le calamite contestualizzano e svelano la situazione di oppressione: il luogo (la calamita di Milano) sorregge il motivo dell’oppressione, il foglio. Il foglio è un refuso emotivo accartocciato, un pensiero insidioso che estrae l’individuo dalle costrizioni che la città gli impone. La calamita del gufo, nascosta, che lo spettatore potrà scorgere fugacemente allontanandosi dalla vetrina, è la profezia di uno stato emotivo che consegue alla situazione di oppressione. Non capaci di svincolarci dall’accordo silenzioso stipulato con la città, mutiamo, diventiamo predatori per necessità, per trovare il prossimo momento di respiro. La luce del giorno si tinge dentro i nostri occhi gialli del blu plumbeo più intenso.

La seconda vetrina riguarda la persona. Al suo interno, essa emerge come una voce insidiosa tra le altre. Parte di una sola moltitudine, parla non per manifestare una lamentela. Richiede solo di abbassare l’intensità di una luce che brucia i bordi di una situazione troppo concreta per esser guardata.