Giacomo Alberico + Francesco Viscuso

Secolo mio, mia belva, chi saprà
fissare lo sguardo nelle tue pupille,
chi incollerà con il proprio sangue
le vertebre di due secoli?
Sangue costruttore sgorga
dalla gola di cose terrene
e solo il parassita sta in ansia
sul limitare di nuovi giorni.

(…)
Tenera cartilagine di bimbo
è il secolo infantile della terra:
hanno immolato ancora una volta
come una agnello il cranio della vita.

Per strappare il secolo dalla prigionia,
per dare inizio a un nuovo mondo
bisogna intrecciare a guisa di flauto
le ginocchia dai giorni nodosi.

(Osip Mandel’stam, Secolo Mio)

Giacomo Alberico + Francesco Viscuso

Per in_festa il collettivo di co_atto ha chiesto a Giacomo Alberico e Francesco Viscuso di collaborare per realizzare  un’installazione a quattro mani. I due artisti si sono ispirati, nell’ideare la loro vetrina, al “Giardino delle delizie” di Hieronimus Bosch e alla struttura del trittico.
I polittici nordici in genere, detti anche Flügelaltäre (altari con le ali – dal tedesco Flügel), sono del tipo a sportelli richiudibili e spesso contengono sia parti dipinte sia parti scolpite. In particolare quello di Bosch, conservato oggi al Museo del Prado di Madrid, è dipinto su tre pannelli e su entrambi i lati ed è giocato sul contrasto tra il colore monocrono delle ante esterne e i colori brillanti dell’interno, dove le scene sono animate da innumerevoli personaggi e infiniti dettagli, nonostante conservino un’unità d’insieme.
Nella vetrina di co_atto due fotografie di Giacomo Alberico, stampate in scala 1:1 e poste ai lati della composizione, racchiudono come monumentali quinte teatrali una sezione centrale dove abitano i personaggi, i collage e gli oggetti di Francesco Viscuso, che ha realizzato per ospitarli una carta da parati in bianco e nero composta di ritagli di riviste degli anni Cinquanta e Sessanta. Laddove le due opere del primo sono silenziose e metafisiche, come le ante esterne del famoso trittico, l’installazione del secondo è affollata e chiassosa, come le scene interna.

Sulla sinistra foto di Giacomo Alberico. In cornice collages di Francesco Viscuso.

“Orecchio” e “Alberi”, sono due fotografie della serie inedita Medhelan scattata nel 2019 dal fotografo abruzzese per le vie del centro di Milano. “Medhelan”, nome antico del capoluogo lombardo, significa letteralmente “via di mezzo” o “santuario di mezzo”. Ispirandosi alle leggende sulla fondazione della città, sui riti e sulle tradizioni fondative in generale, la serie riflettere sulla transitorietà degli elementi che compongono un ambiente urbano in continuo mutamento. “Le fotografie scattate nello spazio del centro storico mostrano un luogo abitato e stratificato nel tempo da religioni, simbolismi e popolazioni diverse. Medhelan diventa così l’immagine di una città popolata da persone che, cambiando ciò che hanno intorno, mostrano le tracce di un passato arcano.” (www.giacomoalberico.com). E’ interessante notare che Alberico stesso parla di “popolazione”, perchè nei suoi scatti la figura umana non appare mai. Signoreggia invece, solo e assoluto, il paesaggio urbano, nel suo concatenarsi di vedute e dettagli inattesi. Lo sguardo dell’artista è colmo di profondi silenzi e attenzioni, è uno sguardo “in ascolto”, capace di cogliere l’identità silente che risiede nelle pietre e negli angoli delle strade e restituirla in tutta la sua maestosa dignità.

Di tutt’altra intonazione è l’installazione di Francesco Viscuso. Ad occupare lo spazio centrale della vetrina è, infatti, una folla di personaggi e oggetti vari, tutti frutto di un’infaticabile attività di scoperta e rigenerazione di reperti scartati dalla società.
La ricerca artistica di Francesco Viscuso unisce fotografia, collage, installazione, jewels ed ephemeral design e questa pluralità di approcci si traduce nella vetrina di co_atto in una wunderkammer dal sapore onirico e a tratti allucinato. Una carta da parati bianca e nera, realizzata con pagine di riviste d’epoca, fa da sfondo all’insieme. Sono volti di donne alla moda, sorridenti e ammiccanti, nel pieno stile delle inserzioni pubblicitarie, che rivolgono il proprio sguardo oltre il vetro per catturare i passanti. Alcune di loro hanno però buchi in mezzo agli occhi, viti e chiodi, dai quali pendono quadri e quadretti, oggetti vari, come un mappamondo di legno, un teschio, un corallo o un candelabro. Dentro alle cornici vintage sono ospitati, invece, i personaggi del ciclo “Euphoria”, realizzati in collage colorati, che si compongono di riferimenti al mondo naturale come a quello umano. Sono soggetti dalle sembianze post-apocalittiche, euforici individui post-umani, che portano in scena tutta la drammatica dialettica tra la fiducia nel progresso e le aspettative radiose tipiche del tempo da cui provengono le stampe originarie e il destino dell’individuo contemporaneo, solo e disilluso in un presente disincantato. Nell’installazione immersiva di Viscuso passato e presente, gioia e disillusione, Psiche umana e regno naturale si sciolgono l’uno nell’altro, si confondono, dando luogo a una folla ibrida e visionaria, popolazione surreale di una dimensione onirica e post surrealista dove la storia ha “le vertebre spezzate” (Agamben).

Francesco Viscuso. Dettaglio installazione

Biografie

Giacomo Alberico

Giacomo Alberico, nato nel 1994, vive e lavora tra Pescara e Milano come fotografo ed artista. Ha studiato nel Master di Fotografia presso lʼAccademia di Belle Arti di Brera ed ha partecipato a workshop e residenze artistiche grazie varie istituzioni tra Venezia, Palermo e Cosenza.
La sua ricerca esplora il rapporto tra uomo, città, confini spaziali e temporali, cercando nel quotidiano paesaggi ed oggetti che possano illustrare la presenza dell’uomo e la sua attività nel tempo in relazione al contesto in cui vive.

Francesco Viscuso

Francesco Viscuso, nato a Catania nel 1980, vive e lavora a Roma. Diplomatosi in Disegno Architettonico e d’ Arredamento all’Istituto Statale d’Arte di Catania e laureatosi in Critica d’Arte all’Università di Roma “La Sapienza” con una tesi dal titolo “Joseph Cornell: diario dell’effimero”, porta avanti da anni la sua ricerca artistica che abbraccia fotografia, collage, installazione, jewels ed ephemeral design. Le tematiche principali del suo lavoro si sviluppano in una personale wunderkammer che evoca il rapporto conflittuale tra Psiche Umana e Regno Naturale: visioni oniriche, paesaggi interiori, caos, vanitas, maschere, scenari post surrealisti, memorie spezzate, decostruzioni simboliche, giochi di specchi ed ombre, reliquiari. Dal recupero di materiale di scarto e vintage alla manipolazione pittorica della fotografia, il confine tra passato e presente si disperde in un mondo mistico, ibrido e visionario in cui l’immagine non è più la possibilità di contatto con una presunta realtà esterna, ma piuttosto “la luce della mente, terribilmente sconvolta”.