Pareidolia
di Andrea P. Maffioli
Quando sono venuto a conoscenza per la prima volta di co_atto, mi sono innamorato all’istante. Progetti come questo ci ricordano uno degli scopi più nobili e potenti dell’Arte, quello di cambiare la visione del mondo che ci circonda, inaspettatamente e repentinamente. Il luogo dell’Arte, ovunque. La possibilità di entrare in contatto con decine di migliaia di persone ogni giorno (circa ventincinque milioni all’anno, nel caso della Stazione di Garibaldi), e toccarle nell’anima. Certo, molti passanti distratti dalla vita frenetica probabilmente passano a testa bassa a fianco alle vetrine, immersi negli schermi degli smartphones o nei propri pensieri. Ma se anche un solo passante al giorno fosse ispirato sarebbe già l’inizio di un percorso di cambiamento essenziale per la società. Potrebbe sembrare una visione semplicistica del progetto, ma è anche la più immediata.Troppo spesso noi professionisti immersi nel mondo dell’arte ci dimentichiamo di vivere in una bolla, creata da complesse analisi estetiche, sociologiche, termini roboanti, inavvicinabili per chi l’Arte non la consuma ogni giorno e ora della propria vita. La semplicità è spesso l’arma più forte dei concetti e la complessità si combatte con il movimento verso la chiarità. Il “salto in avanti” viene quindi spontaneo pensarlo come verso tutte queste persone, per farle sentire accolte e partecipanti in questo mondo. In questa situazione, la curatela non si ferma all’opera o alla mostra in sé, ma alla vita stessa delle persone. Questi studiati atti casuali di Arte che vengono messi a contatto con sconosciuti e che ne cambiano la percezione, forse per sempre. Possibilmente l’inizio di un’utopistica società in cui arte e vivere sono fusi in un unicum, a beneficio dell’umanità intera. È un argomento che mi affascina molto, e ho cercato di parteciparvici direttamente, come ad esempio con un progetto semestrale di inclusione di artisti emergenti in un grattacielo a Londra, o sponsorizzando un’installazione concettuale di Giuseppe Lana in quattro banner pubblicitari a Palermo in occasione di Manifesta qualche anno fa.In tal senso l’artista smette di essere creatore di opere, ma diventa creatore di situazioni, spostando l’attenzione dalla produzione alla ricezione e sottolineando l’importanza di un coinvolgimento diretto, apparentemente non mediato, con particolari gruppi di pubblico meno esposti. L’invito aperto a spazi indipendenti e meno rappresentati, molti provenienti da altre città o nazioni, si sposa perfettamente con questo pensiero di inclusione. Il salto in avanti qui è compiuto verso voci differenti e inaspettate, l’urgenza di entrare di nuovo in contatto diretto con realtà diverse dalla nostra, dopo anni di chiusura e iper-localizzazione dovute alle restrizioni portate dalla pandemia. Questo cambiamento epocale ricorda il passaggio dal Medioevo al Rinascimento, quando da un periodo di forte introspezione arrivò un’era di grande rifioritura del pensiero e delle arti. Abbiamo avuto tempo (fin troppo, forse) di chiuderci in noi stessi, talvolta anche positivamente, ma questo ci ha portato a esacerbare le nostre differenze, polarizzando ancora di più l’intricata società contemporanea. Il muoversi nella complessità viene presupposto come un’azione da compiere senza paura, per evitare che questo blocco esasperi le fratture sociali e politiche che appunto si sono venute a creare. La complessità non può essere rifiutata né rimandata, ma deve essere spiegata. Forse il metodo Cartesiano di suddivisione di un problema complesso in piccoli problemi, richiama le molteplici vetrine di co_atto, che stimolando la nostra pareidolia, il senso innato e ancestrale di trovare patterns nel caos del mondo che ci circonda, ci porta al ragionamento.Il pensiero critico si costruisce una vetrina dopo l’altra, aiutando l’osservatore ad aumentare la propria apertura e comprensione della realtà. L’Arte può dividere nel pensiero ma unire nell’anima, e deve tornare a servire come collante nella società. Troppo spesso l’arte pubblica o le mostre in luoghi trafficati diventano mera decorazione, un artwashing per coprire certe problematiche, abbellimento senza ragionamento. In questo senso, progetti come il co_atto meta_fair rinvigoriscono il dialogo e lo fanno tramite l’inclusione di artisti e pratiche che possono essere ancora sconosciute ai più, portando quindi nuovi stimoli di dialogo e conversazione che hanno il potenziale di cambiare la società e la nostra visione.
Biografia
Andrea P. Maffioli è collezionista, gallerista e curatore a Londra da nove anni. Ha curato mostre in Italia, Messico e Londra. Di recente ha iniziato una collaborazione con la galleria Copperfield. Da sempre appassionato d’arte, ne ha fatto una professione per poter saziare la sua fame di collezionismo.