L'importanza del contesto

di Olimpia Saccone

Ho sempre amato l’enciclopedia, la chiarezza delle sue definizioni. Per cui, vorrei proprio iniziare da qui, la definizione della Treccani:

curatóre s. m. (f. –trice) [dal lat. curatororis]. – 1. Chi ha il compito di curare l’esecuzione o realizzazione di un’impresa, di un’iniziativa; chi cura l’edizione o la riedizione di un’opera. 2. Nel diritto, chi ha l’incarico di assistere qualcuno, ovvero custodire, sorvegliare o amministrare qualche cosa; in partic., nell’attuale diritto, il soggetto cui è affidata dalla competente magistratura la curatela del minore emancipato, del maggiore inabilitato, o, in particolari casi (c. speciale), l’amministrazione di un patrimonio, la rappresentanza di una persona per determinati fini o la cura di specifici interessi: c. del fallimento o fallimentare; c. dell’eredità giacente, ecc.; c. al ventre, espressione con cui viene comunem. indicato il curatore degli interessi del nascituro.

Ed è così che mi piace pensare a un curatore: una persona con il compito di realizzare un’impresa, di curare gli interessi dell’artista e la sua eredità. L’origine della figura del curatore in ambito artistico è tutt’oggi poco chiara ed emerge da altre professioni pre esistenti nel settore, quali il critico, il direttore di un museo, o il mercante a partire dalle Avanguardie dei primi decenni del Novecento. Quel che è sicuro, è che la formazione di questa figura segue di pari passo la storia delle esposizioni, il mezzo principale tramite cui non solo entriamo in contatto con l’arte, ma dove ne scopriamo l’importanza politica e sociale attraverso uno scambio tra l’osservatore e l’insieme dei significati costruiti (o anche decostruiti) che propongono una lettura della realtà vista dagli artisti.L’importanza delle immagini è sempre stata chiara alle più rilevanti figure di potere e dai re ai papi fino alle dittature moderne si è proceduto ad una manipolazione della cultura visuale con il fine di modellarne la trasmissione di ogni singolo messaggio. Nell’ambito del contemporaneo, mi piace pensare che il processo sia invertito e che il compito del curatore sia di custodire questo messaggio e assicurarsi che venga immesso nel mondo all’interno del giusto contesto. Penso che non ci sia niente di più importante del contesto. Mi hanno fatto molto riflettere le parole di una direttrice di una galleria commerciale a Londra che rappresenta artisti africani e della diaspora, la quale ha affermato di essersi preoccupata di includere nel team una curatrice in house prima ancora di una salesperson. Il motivo è il difendere dalla tendenza a rendere “esotica” la pratica di artisti che sono sempre stati storicamente emarginati e verso cui si è creato recentemente un interesse tanto forte da rischiare di influenzarne la pratica e di minare la sostenibilità della loro carriera.Il curatore si inserisce quindi come la figura che ha la responsabilità in primis nei confronti degli artisti e poi anche nei confronti del pubblico di presentare i significati in modo che rispecchino il contesto socio politico che li ha prodotti in maniera genuina. Soprattutto nel caso di arte proveniente da minoranze etniche, artiste donne e artist* LGBTQ+, la curatela come pratica oggi deve quindi intervenire su tre fronti: proteggere dalla decontestualizzazione; impedire che l’interesse improvviso nei confronti di questi gruppi si concentri su logiche di moda e mercato, svuotando o ignorando il significato che portano; creare una rete di connessioni tra opere, significati che non solo sia il più rappresentativo possibile dello zeitgeist dei nostri anni, ma che vada anche a costruire le fondamenta di un’eredità di cui speriamo i posteri facciano frutto.


Biografia

Il suo percorso formativo, incentrato sull’arte e l’economia, si è svolto fra Roma, Venezia e Londra, dove ha conseguito un master in Art Business presso il Sotheby’s Institute of Art. Attualmente lavora per frieze magazine nel team di Media Sales e Media Partnerships per U.K. & EMEA.