L'editorialeTales from the inside_out: the look through
di co_atto
Lo “Sguardo Attraverso” non è il contemplare l’opera d’arte in modo fotografico, è bensì percepire una profondità spaziale e semantica nuova, attraverso l’opera conoscere un frammento di mondo e riconoscere sé stessi. Questo processo è l’astrazione, ossia la “conoscenza sensibile di oggetti particolari, trattenendone le note specifiche, per ottenere concetti universali”1.
Attraverso i sensi e la vista in particolare, la conoscenza sensibile avviene in forma involontaria, in modo coatto. Guardare è un’attività estetica tanto quanto gnoseologica e attraverso la vista l’uomo interiorizza la realtà, la rende propria, la trasforma, le attribuisce significato. L’uomo diviene demiurgo attraverso i suoi occhi. L’uomo attraverso il suo sguardo esprime il suo potenziale creativo.
L’attività di percezione non è soltanto un’attività passiva, in cui il soggetto subisce impulsi provenienti dall’esterno, ma è altrettanto attiva come rielaborazione, interpretazione e conoscenza della realtà.
Nel Novecento e soprattutto negli ultimi decenni, nell’ambito delle neuroscienze (Eric Kandel, Ernst Kris, Ernst Gombrich…), è stata ampiamente studiata la relazione fra percezione e conoscenza.
L’esperienza percettiva e l’osservazione sono attività squisitamente soggettive e quando l’osservatore si interfaccia con la realtà, tanto quanto con l’opera d’arte, risponde all’ambiguità attraverso le proprie esperienze e il proprio pensiero. Il cervello, quando incontra una realtà incompleta, un messaggio non esplicitato, una forma accennata, li completa a modo suo. Due sono i processi attraverso i quali viene elaborata l’informazione; il cervello parte dalla realtà e ne estrae le informazioni necessarie (bottom-up) e diverse aree del cervello entrano in azione per dare un senso a ciò che vediamo (top-down). La memoria, l’esperienza e la capacità di apprendimento ci permettono di cogliere le caratteristiche principali e di trascurare i dettagli non importanti, in modo da riconoscere la realtà anche attraverso un solo dettaglio2. Questo processo crea un’immagine nuova che rende la percezione visiva un processo creativo (Kris e Gombrich)3. Gli altri sensi, e soprattutto il tatto, allo stesso modo, sono strumenti di percezione e creazione della realtà. L’esperienza percettiva in ogni sua forma stimola la creatività.
Numerosi fattori esterni all’individuo influenzano l’osservazione della realtà, così come di un’opera; alcuni di essi sono estremamente transeunti: l’orario, la luce, la stagione; altri sono più oggettivi, come il luogo, il posizionamento. L’esposizione di un’opera pertanto sfrutta tutti questi elementi per indirizzare il pubblico verso un tipo particolare di esperienza, mediata dall’artista, dal curatore.
Lo spazio espositivo, qualora definito, come nel caso di una vetrina o di una tela “fissata ad un muro, lo attraversa in profondità”4. Lo sguardo percepisce nell’opera esposta una profondità altra. Lo spettatore, in modo leopardiano, riconosce il limite spaziale, “che da tanta parte | dell’ultimo orizzonte il guardo esclude”. “Ma sedendo e mirando, interminati | spazi di là da quella, e sovrumani | silenzi, e profondissima quiete | io nel pensier mi fingo … e mi sovvien l’eterno, | e le morte stagioni, e la presente | e viva, e il suon di lei”5. Così il pensiero dell’osservatore, nell’atto di contemplazione, supera l’orizzonte finito dello spazio espositivo, e costruisce nuove esperienze sensoriali illusorie nelle quali riconosce una realtà diversa, infinita, di ricordi.
“There are more things in heaven and earth, Horatio, than are dreamt of in your philosophy.”6
I sogni filosofici di Orazio, i suoi miraggi, non possono ospitare l’interezza delle “cose” del mondo. Altrettanto impossibile è la conoscenza delle infinite possibilità che l’interpretazione dei singoli offre della realtà. Il sogno filosofico è un tentativo “illusorio” di percezione della realtà. Il sogno è una visione, uno sguardo profondo e inconscio.
Osservare un’opera d’arte, così come avviene in un sogno, è un’esperienza illusoria, finita, perfettibile. Lo “sguardo profondo” però è la vera ragione per la quale ci innamoriamo dell’arte: conoscere l’arte per conoscere il mondo e soprattutto trovare noi stessi.
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Note
1 Astrazione, Vocabolario Treccani.
2 Articolo di Michela Romano, Perché ci piace l’arte astratta? Eric Kandel spiega la relazione tra arte e neuroscienze, 2018, riguardo al libro di Eric R. Kandel, Arte e neuroscienze. Le due culture a confronto, Cortina Raffaello, 2017.
3 ibid.
4 Giacomo Leopardi, L’infinito, Recanati, 1818-1819.
5 Brian O’Doherty, Inside the white cube. L’ideologia dello spazio espositivo, Irene Inserra (Traduttore), M. Mancini (Traduttore), Johan & Levi, 2012, pag. 25.
6 William Shakespeare, The Tragedy of Hamlet, Prince of Denmark, 1600-1602, atto I, scena V.