La memorianell'era digitale

di Emanuele Bolognini

“La memoria può cambiare la forma di una stanza, il colore di una macchina. I ricordi possono essere distorti, sono una nostra interpretazione. Essi non sono la realtà, sono irrilevanti rispetto ai fatti.” – si sente nel film “Memento” di Christopher Nolan.
Nel corso dei secoli, migliaia di intellettuali – psicologi, storici, artisti e medici – hanno voluto dire la propria su questo argomento. Nonostante ciò, il dibattito resta ancora aperto: che cosa è la memoria? Esiste ancora la memoria collettiva? E la memoria storica? Memoria e ricordo sono sinonimi? Questi sono solo alcuni dei quesiti a cui si cerca di dare una risposta.
Lo storico Pierre Nora nei suoi scritti spesso analizza l’ampio concetto di memoria attraverso due interpretazioni differenti: da una parte il tipico sapere mnemonico, dall’altra la tradizione culturale (il ricordo del passato, quello storico). Ricordo e memoria, se la intendiamo come la tipica mnemotecnica, sono due aspetti distinti.
Lo stesso Nora, tuttavia, trova in questi due concetti un aspetto comune: entrambi stanno subendo una crisi nel corso degli anni, sempre più forte e radicata.Il sapere mnemonico, ritenuto un talento nell’antichità, oggi è visto come virtuosismo e, a volte, criticato e considerato inutile. Esso sta subendo infatti una costante svalutazione in nome della natura, dell’individualità, dell’originalità e del progresso.
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all’altra parte, il ricordo – sostiene Nora – sta affrontando uno sganciamento del presente dal passato, uno sradicamento dal calore delle tradizioni e dei costumi tramandati. Con le future generazioni – continua – non rimarrà nulla se non puri documenti ufficiali, come foto, filmati e biografie. Guardando a tutto ciò con occhi meno critici, vedo che il mondo evolve e la storia corre. Corre, però, seguendo un percorso circolare. Tutto tornerà. Tornerà il desiderio di conoscere e rivivere il passato, tornerà l’apprezzamento verso costumi e tradizioni.
In un presente così frettoloso e precipitoso, che guarda al futuro, senza pensare al passato, è giusto chiedersi che cosa fare ora. Accettare, ma non con le mani in tasca. Accettiamo cercando di accumulare il maggior numero di informazioni, di ricordi, di storie. Costruiamo interi archivi di dati per non perdere nulla di ciò che viviamo e di quello che è stato prima di noi. Bisogna farlo perché prima o poi questi dati ci saranno utili per far vivere sempre il passato.
E come fare tutto questo nella pratica? La tecnologia, ed in particolare l’informatica, viene sicuramente in nostro aiuto. Ormai essa fa parte del nostro quotidiano e possiamo usarla anche come mezzo culturale. Anche se spesso viene criticata, soprattutto dagli adulti e a volte con valide argomentazioni, se usata nel modo corretto essa può essere sfruttata a nostro favore.
Senza entrare nel dettaglio tecnico, nel corso degli anni c’è stata un’impennata esponenziale nel progresso del settore scientifico-tecnologico. Dagli anni ’70 ad oggi le basi di dati (in informatica sono un archivio dati strutturato memorizzati in un computer) hanno subito un enorme sviluppo, sia in fatto di quantità di dati memorizzati sia in fatto di tipi di architetture (modelli, policies o regole che controllano i dati da raccogliere e decidono le modalità di archiviazione, organizzazione, integrazione e utilizzo dei dati stessi) adottate; soprattutto negli ultimi decenni, l’introduzione del cloud ha permesso di avere maggior sicurezza, oltre ad una capacità di storage elevatissima. Inoltre, alla fine degli anni ’90 si è iniziato a parlare di Big Data. Questo concetto che inizialmente veniva usato solo per descrivere una grande quantità di dati, oggi non è da interpretare solo letteralmente (“Grandi Dati”). Il termine Big Data ha assunto infatti una concezione più ampia: dati di grandi dimensioni, ma soprattutto complessi. E per complessità si intende che i dati raccolti non sono più semplici valori alfanumerici, ma, ad esempio, anche immagini.
Senza archivi di dati, non si potrebbero fare analisi statistiche previsionali basate sulle serie storiche (senza andare troppo nello specifico, sono sequenze di valori per una variabile rappresentativa di un fenomeno la cui unità di rilevazione è un intervallo regolare di tempo). La finanza, l’economia, la sociologia, la medicina, e infiniti altri campi, hanno bisogno di dati del passato. Così come l’arte e la storia. L’informatica è quindi nostra amica. È amica dell’arte, della storia e della cultura. In particolar modo è amica del passato. Informatica e passato sono infatti legati da un rapporto indissolubile, per cui uno ha bisogno dell’altro.
Se ci fidiamo dell’informatica, sarà sempre possibile a tutti rivivere il passato, seppur forse con un certo distacco emotivo. In questo modo la memoria non morirà mai. E’ cambiata la modalità di ricordo, sono cambiati i mezzi per ricordare, è cambiato il concetto stesso di memoria, tuttavia è viva. E vivrà per sempre.
Concludo quindi riprendendo la citazione del film di Nolan, riportata all’inizio: la memoria e i fatti sono due cose distinte. Conserviamo i fatti e ognuno di noi li interpreterà come meglio crede. Archiviamo dati per far sì che il passato sia presente.

 

BIOGRAFIA

Emanuele Bolognini, nato a Bergamo 25 anni fa, si trasferisce a Milano per seguire la propria passione per la matematica e, in particolare, l’applicazione di essa in contesti socio-economici. E’ laureato in Ingegneria Matematica e attualmente lavora come analista sviluppatore e data engineer per una società di consulenza informatica.